Il mondo del lavoro in Italia: una realtà sconvolgente

14 10 2011

Non sono mai stato un grande fan di Iacona e del suo programma domenicale “Presa diretta” però le prime due puntate che ho visto quest’anno mi hanno lasciato notevolmente soddisfatto perché ho apprezzato il nuovo metodo di fare giornalismo e, complici gli ultimi mesi di fuoco sia economicamente che politicamente, gli argomenti si fanno molto interessanti. In particolare la puntata di domenica 19 settembre (http://www.presadiretta.rai.it/dl/portali/site/puntata/ContentItem-03cd89b1-7425-4962-9aa0-0f44ac3b62f6.html) è stata a dir poco sconvolgente. Parlava del mercato del lavoro in Italia, del precariato e dei vari contratti lavorativi che non danno sicurezza ad un’intera generazione di persone che il conduttore ha chiamato “generazione sfruttata”. Sfruttata perché alla mia generazione vengono offerte situazioni contrattuali che stanno un grandino sopra lo sfruttamento. Prendiamo ad esempio lo stage che ha sostituito il contratto di apprendistato, e che ho più volte criticato in questo blog. Io chiamo lo stage “sfruttamento legalizzato” perché solo una bassa percentuale degli stage offre davvero qualcosa ai giovani in fatto di competenze e conoscenze. La maggior parte degli stage sono usati dalle aziende per assumere manodopera a costo zero. Devi eseguire un compito relativamente facile e poco specializzato? Non vai ad assumere per sei mesi una persona, prendi uno stagista e costa niente e hai il lavoro fatto. Ancora più vergognoso è se è lo Stato a sfruttare i giovani attraverso gli stage: io stesso sono rimasto incastrato in questo meccanismo di stage e non ho visto mai un euro dai lavori che ho svolto. A mio avviso il principio generale che dovrebbe vigere nel nostro ordinamento è che il lavoro, in qualunque forma, va retribuito. Non si possono dare alle aziende possibilità così ampie di sfruttare i lavoratori senza pagarli. Poiché il nostro sistema si basa sul denaro, se io perdo tempo a lavorare è giusto che questa perdita di tempo mi venga remunerata un minimo. Ma a favorire tutto questo proliferare di contratti assurdi è l’attuale diritto del lavoro che di certo impedisce ai giovani di fare progetti a lungo termine. Oltre a ciò si deve anche menzionare l’eccessiva pressione fiscale attuata dallo Stato nei confronti delle aziende e che rende poco conveniente per la singola impresa assumere una persona. D’altronde che si può dire se un lavoratore ad un’azienda costa il doppio del netto in busta paga e se un’azienda ha tante difficoltà a licenziare?

Fondamentalmente quello che mi sconvolge è il pensare che nessun Governo o partito politico ha cercato negli ultimi anni di dare avvio ad una riforma del diritto del lavoro dando l’idea che in Italia va bene così, siamo soddisfatti del nostro diritto del lavoro. Il mio obiettivo non è quello di reclamare il posto fisso per tutti, e contratti a tempo indeterminato per tutti. So perfettamente che questo non porterebbe il mercato del lavoro ad un’efficienza accettabile, ma non possiamo nemmeno credere che i giovani debbano andare avanti ad apprendistati e stage professionalizzanti! Uno Stato deve essere in grado di garantire prospettive certe al proprio popolo. Deve saper mettere in concorrenza i vari lavoratori al fine di ottenere il risultato migliore attraverso la concorrenza, ma deve anche saper fornire certezze alle nuove generazioni. L’Italia al momento certezze non ne dà, e la fine del servizio la dice lunga! Iacona è andato a Barcelona dove c’è la maggiore comunità di italiani all’estero e ha scoperto che lì in Spagna gli italiani espatriati vivono meglio di come vivevano in Italia. La Spagna ha saputo valorizzare i loro talenti tanto da permettergli di avere le certezze giuste per fare una famiglia, cosa che in Italia non è accaduta. La mancanza di certezze alla lunga provoca questo: matrimoni contratti oltre i 30 anni, pochi figli, tasso di natalità basso. Secondo me è indicativo se tutti quegli italiani hanno fatto dei figli solo una volta che sono giunti in Spagna! E su questo aspetto la classe politica dovrebbe riflettere! Non solo: il problema forse più grave è che l’Italia rischia, nel lungo termine, di avere un deficit di conoscenze. Mi spiego: abbiamo persone e strutture che ci permetterebbero di essere una Nazione all’avanguardia ma non le sfruttiamo! Importiamo manodopera non specializzata, immigrati dall’Africa che svolgono lavori umili ma necessari e di cui ogni Paese ha estremamente bisogno. Però si tratta di manodopera non specializzata, si tratta di lavori che ciascuno di noi potrebbe fare. Invece noi esportiamo ricercatori e manodopera altamente specializzata, laureati, persone che fanno la fortuna di altri Paesi. Studiano qui e applicano ciò che hanno studiato all’estero. A lungo termine (ma in Italia chi cavolo guarda al lungo termine?) questa strategia è perdente perché crescono gli altri Stati grazie agli italiani ma non cresciamo noi. E questo è il secondo importantissimo effetto dell’attuale sistema lavorativo, sociale e politico. La nostra classe politica su questo deve interrogarsi, sul fatto che gli italiani debbano andare all’estero perché se restano in Italia devono andare avanti con lo stipendio dei genitori! A nessuno credo piaccia andarsene di casa e vivere in un altro Paese, soprattutto se parliamo dell’Italia che è bellissima, ma ormai questo si sta rendendo necessario. Imprescindibile direi.

Altro punto che voglio analizzare è il perché le aziende siano “costrette” a offrire contratti junk da qualche spicciolo al mese. Oltre alla tassazione di cui ho già parlato e che non rende conveniente l’assunzione c’è anche il fatto che le università italiane sono di bassissimo livello. Non preparano, cioè, all’entrata nel mondo del lavoro dei ragazzi. Forniscono nozioni prettamente teoriche che poi all’atto pratico servono a poco. Praticamente studi cinque anni all’università e quando entri nel mondo del lavoro non sai ancora niente e per l’azienda non sei altro che un peso. Non vorrei che di questo passo i giovani dovessero, a 24 anni, pagare un’azienda per poter fare tirocinio, dopo aver pagato 5 anni di università! Se invesse si riformasse il sistema universitario dando maggior peso alla pratica lavorativa piuttosto che alla mera teoria forniremmo al Paese una schiera di giovani pronti già per l’ingresso nel mondo del lavoro e che non necessitano di lunghi periodi di apprendistato/prova per imparare un mestiere. Invece l’università italiana sembra essere scesa di livello tanto da essere paragonata più ad un liceo che ad una formazione superiore. Si dovrebbe, secondo me, essere selettivi sia nell’ingresso del mondo universitario sia nei programmi. L’Università non dev’essere qualcosa di scontato o un percorso qualunque; dev’essere un percorso che una persona intraprende perché davvero motivata. Dunque o si propongono programmi sempre più difficili, oppure si seleziona all’ingresso, o a livello di conoscenze possedute o a livello di reddito. Lo so che la seconda scelta può essere odiosa e fa molto American style ma se aumentiamo le rette universitarie del doppio affiancandole a generose borse di studio e a sgravi fiscali al raggiungimento di tot crediti l’anno eviteremmo di vedere gente perditempo all’università o persone che si iscrivono per godere dei benefici della vita da studente universitario (feste il sabato sera, il venerdì, il mercoledì e pure la domenica).

Come mostrato, quindi, la puntata di Presa Diretta si è rivelata molto utile per prendere coscienza di un problema non affatto indifferente e cioè che il mercato del lavoro italiano va regolamentato diversamente. Le linee guida da tener presente secondo me dovrebbero essere quelle indicate in questo post, ma bisogna anche ricordarsi gli effetti nefasti sulla società di politiche occupazionali sbagliate. Non sottovalutiamo il basso tasso di natalità o il deficit di conoscenze perché lo sviluppo di una società si basa sulle nuove generazioni e sulle conoscenze. Le due generazioni precedenti alla mia già ci prospettano un futuro fosco fatto di pensioni molto basse e occupazione scarsa, almeno che si diano da fare per cambiare il mondo del lavoro attuale! Tempo ce n’è ma non troppo. Non tergiversiamo, grazie, come abbiamo fatto sinora. C’è da rivoluzionare un paese vecchio che fa una figura pessima persino al cospetto della Spagna che, dicendolo onestamente, non ha mai brillato né per sviluppo né per qualità della vita. E forse un motivo ci sarà!





Mala sanità e mala giustizia, l’Italia degli incredibili errori

8 01 2010

L’Italia, cari amici, sappiamo essere una Nazione poco precisa, molto approsimativa e talvolta pure superficiale. Rispetto ai nostri omologhi del Nord noi italiani tendiamo a non considerare con la dovuta importanza molti fenomeni od azioni. Mentre i popolo del Nord hanno nel proprio DNA il rispetto delle cose altrui, la quite e la precisione, quelli del Sud Europa sembrano invece essere l’opposto: distratti, superficiali, approssimativi. Questo accade in molti settori della nostra società civile, ad esempio nella guida di autoveicoli gli abitanti del Sud Europa sono molto più distratti ed approssimativi dei popoli del Nord sebbene costoro guidino in condizioni ben più difficili di noi. E già questo della guida risulta essere un grosso problema che il nostro Paese sta debellando con estrema fatica a colpi di punti, e divieti continui. Tuttavia quello che per molti può essere un luogo comune (e cioè della differenza tra Nord e Sud europa), si rivela, almeno nelle cronache quotidiane, molto attinente alla realtà.

Infatti, ho notato con mio estremo disappunto che ogni settimana nei giornali nazionali è presente una notizia di mala-giustizia, mala-sanità, o mala-politica. A dire il vero, i settori coinvolti son ben più numerosi dei tre da me menzionati, ma il prefisso mala sembra poter essere applicato a quasi tutti i settori lavorativi. Difatti, pochi giorni fa viene fuori la notizia che una signora ha vissuto per anni con delle forbici da operazione chirugica in pancia (ed è già tanto se è ancora viva), oggi è venuta fuori la notizia che per un colpa di un francobollo mancante, una donna è venuta a sapere di essere affetta da tumore troppo tardi. Un altro giorno a Vibo Valentia manca la corrente e una ragazza muore. Ad Agrigento costruiscono un ospedale con cemento depotenziato che non può essere aperto ma, al contrario, va immediatamente chiuso. Un giudice si dimentica di depositare una sentenza su un gruppo di mafiosi e costoro escono per decorrenza dei termini processuali. E via così. Ogni mese i commissari della sanità devono andare in qualche struttura per verificare se tutto è a norma, e molto spesso anche il Ministero della Giustizia manda i propri commissari per chiarire certe cose poco chiare.
Alla fine di tutto il can can mediatico, la morale è molto semplice: nessuno paga e restano tutti al loro posto. La Magistratura indagherà sul perché sia stato usato il cemento depotenziato per costruire un ospedale e chiuderà l’inchiesta, al medico che si dimentica le pinze daranno una settimana di sospensione e al giudice che si dimentica la sentenza nel cassetto faranno tetè sul culetto. E poi una settimana dopo saranno tutti ai propri posti, con due vittime identiche: il popolo. E’ il popolo a perderci due volte.
La prima volta perché rischia di rimetterci la vita (o ce la rimette) con le pinze in pancia, o perché manca la corrente, e la seconda volta perché è il popolo a dover pagare fior di quattrini come legittimo rimborso per il danno subito. Si, lo so, voi non tirate fuori una lira, o magari pensate che sia così, ma poiché lo Stato ogni anno paga milioni e milioni per risarcire le vittime di mala-giustizia o mala-sanità, vuol semplicemente dire che lo Stato per pagare le vittime dovrà tagliare qualche servizio o aumentare il prelievo fiscale. Ed ecco che, magicamente, il popolo si ritrova cornuto e mazziato, due volte vittima.

L’imprecisione, la superficialità di cui parlavo ad inizio articolo, erano propedeutiche semplicemente a parlare di questo argomento, che io trovo sconvolgente e non degno di un Paese civile come l’Italia dichiara di essere. Non capisco sinceramente, come mai recentemente succedano molti dei casi che ho citato. Perché una volta i dottori non si dimenticavano guanti o pinze in pancia dei pazienti, sebbene magari le strutture potessero essere peggiori, le norme igieniche più lacunose, e anche la professionalità magari poteva essere non eccellente. Oggi invece abbiamo fior fior di medici ben stipendiati, i quali possono godere delle migliori tecnologie esistenti, in condizioni igieniche ottimali (si spera), i quali dimenticano proprio le cose più semplici, quasi minimali. Una pinza per un’operazione chirurgica non è lunga 2cm, ma è molto più lunga ed assai appuntita. Una volta che è finita l’operazione, vuoi che il chirurgo non controlli gli strumenti che deve sistemare?E allora non si tratta forse di mancanza di concentrazione e d’attenzione questa?E non meriterebbe, in un Paese civile tale medico, una pena dura, come un’espulsione o anche una radiazione dall’Albo Professionale?E la stessa misura deterrente non la si potrebbe adottare nei confronti del giudice che guarda caso scarcera la comitiva di mafiosi, per il troppo (poco) lavoro? Forse sì, forse la radiazione dall’Albo è la cosa più ovvia e scontata alla quale si può pensare, e forse è anche quella più giusta da applicare per lanciare il messaggio che in ogni lavoro che si fa, soprattutto se si maneggia la vita altrui, ci vuole estrema concentrazione ed attenzione, ed un minimo errore che provoca la morte di una persona va duramente punito e represso!

Ma si sà, il nostro è il Belpaese per definizione, dove tutti sbagliano, ma dove tutti hanno anche una seconda, terza, quarta, quinta possibilità e dove pare normale che i medici facciano interventi chirurgici a persone sanissime solo per guadagnare qualche migliaio di euro in più al mese da destinare al Golf Club come iscrizione annuale!Insomma, a colpi di mala-giustizia, mala-sanità, mala-tutto non facciamo che del male al nostro Paese. Ed essendo, ahimè, un abitante di questa Nazione, mi sento schifato ed umiliato in confronto a tanta civiltà che si può respirare in altri posti dell’Europa!Sono arrabbiato con l’intero Paese che sbaglia e non viene punito e che risulta essere marcio dalla base, sono arrabbiato profondamente con coloro che dovrebbero svolgere il ruolo di tutela e garanzia nella nostra società e non lo fanno, e anche con coloro che sono preposti a punire l’errante ma che, dediti alla logica per cui “cane non mangia cane” tutelano la propia casta e i propri privilegi. Sono arrabbiato con un popolo che non vuole cambiare e che lo dimostra continuamente, e che sembra preferire la strada del declino a quella più difficile ma che porta alla crescita ed al miglioramento!Sono arrabbiato perché sento di vivere in un Paese che mi appartiene ben poco, e so altresì che questa mia arrabbiatura mi porterà davvero poco lontano: sono difatti convinto che, per quanto buone ed oneste siano le mie intenzioni, difficilmente questo mio sfogo avrà un seguito. Difficilmente centinaia e centinaia di persone che possono pensarla come me, otterranno quel che un Paese civile, e vedere che si lotta contro i mulini a vento solo perché a questi mulini a vento convine mantenere le cose così come stanno, dà molto fastidio, ed ovviamente spinge le persone a lasciare questa barca!